Quando accade l'irreparabile si corre il rischio di cadere nella retorica, e -giuro- vorrei proprio evitarlo. Anche perchè tu, Sergio, di retorico avevi ben poco. Ogni gesto, ogni tua parola, erano un parto spontaneo di quell'attimo, e se l'argomento ti era indigesto te ne sbarazzavi a modo tuo, con una barzelletta, condita di umorismo e un pizzico di sarcasmo. Quella era la tua risposta a una realtà che spesso nè tu nè io condividevamo. Sopportavamo.
Le tue storie "da fangiàtt" mi sono state compagne nelle snervanti giornate di lavoro, e quando "al nostar Bulaggna l'andèva mèl...", quindi assai spesso, "a zarchèvan ed capir sa psèvan fer quel par mettri un quaic rimèdi, mo chè, gnent da fèr, ieran trop trèst ! ".
Già, il nostro dialetto. Anzi, il tuo dialetto, del quale eri un maestro.
Le tue zirudelle sono un libro ad inchiostro indelebile delle gesta rossoblu e non solo, con le tue rime a raccontare le storie della nostra gente che hai tanto amato.
Ti ho voluto bene, non sai quanto, e anche se negli ultimi tempi non ti ho accompagnato come avrei voluto, so che mi hai già perdonato con uno dei tuoi sorrisi.
Il tuo lavoro tra noi su questa terra è terminato qui, con questa bella zirudella, ma di sicuro lassù -strizzando l'occhiolino- starai già raccontando a San Pietro una barzelletta su Berlusconi per farti aprire le porte del paradiso.
Ciao Sergio, grazie per il dono della tua amicizia.

Roberto - agosto 2010